sabato 28 settembre 2013

«Messa anticipata per avere tutti i parroci»

Canale, per la prima volta la funzione in ricordo della morte di papa Luciani cambia data



CANALE D'AGORDO. «Abbiamo voluto favorire la partecipazione dei preti locali e dei catechisti». Sia il parroco di Canale, don Mariano Baldovin, che il vicario foraneo, monsignor Giorgio Lise, spiegano così il motivo dell'anticipazione della messa per celebrare il 35° anniversario della morte di Papa Luciani da sabato 28 a venerdì 27. Una decisione “storica” che a Canale ha lasciato aperto qualche interrogativo, visto anche che sui volantini e le locandine delle manifestazioni diffusi in estate la messa era stata indicata per il 28, come da 35 anni a questa parte.
Chi viene da fuori provincia saprà che la messa è stata spostata di un giorno o arriverà il 28? «Ormai da tre anni», spiega don Mariano Baldovin, «in corrispondenza con la messa per l'anniversario della morte di Luciani (avvenuta il 28 settembre 1978, ndr) svolgiamo la riunione dei catechisti e dei sacerdoti di tutta la forania. Un momento significativo anche perché è bello vedere i catechisti riuniti attorno ad Albino Luciani, il catechista per eccellenza».
Il problema di quest'anno è che il 28 cade di sabato e che la messa fissata per le 18 si sovrapporrebbe a quelle prefestive celebrate nelle altre parrocchie. «Se l'avessimo lasciata di sabato», spiega don Baldovin, «non avremmo avuto i sacerdoti impegnati nelle altre messe e neanche i catechisti. Quelli che vengono da fuori? Di solito la chiesa è sempre piena, ma ci sono soprattutto persone locali, non è come alla messa in ricordo dell'elezione a pontefice».
Dello stesso avviso anche monsignor Giorgio Lise: «Di solito non c'è un grande afflusso di gente da fuori, noi volevamo favorire la partecipazione locale». La messa, dunque, si svolgerà venerdì alle 18 nella chiesa arcipretale di Canale d'Agordo, preceduta alle 17 dall'incontro per i catechisti. (g.san.)

25 settembre 2013

A 35 anni dalla morte di Papa Luciani

Benedetto XVI così ricordava Papa Luciani all'Angelus del 28-09-2008:



BENEDETTO XVI

ANGELUS

Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo
Domenica, 28 settembre 2008

Cari fratelli e sorelle!

Oggi la liturgia ci propone la parabola evangelica dei due figli inviati dal padre a lavorare nella sua vigna. Di questi, uno dice subito sì, ma poi non va; l’altro invece sul momento rifiuta, poi però, pentitosi, asseconda il desiderio paterno. Con questa parabola Gesù ribadisce la sua predilezione per i peccatori che si convertono, e ci insegna che ci vuole umiltà per accogliere il dono della salvezza. Anche san Paolo, nel brano della Lettera ai Filippesi che quest’oggi meditiamo, ci esorta all’umiltà. "Non fate nulla per rivalità o vanagloria - egli scrive -, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso" (Fil 2,3). Sono questi gli stessi sentimenti di Cristo, che, spogliatosi della gloria divina per amore nostro, si è fatto uomo e si è abbassato fino a morire crocifisso (cfr Fil 2,5-8). Il verbo utilizzato - ekenôsen - significa letteralmente che Egli "svuotò se stesso" e pone in chiara luce l’umiltà profonda e l’amore infinito di Gesù, il Servo umile per eccellenza.

Riflettendo su questi testi biblici, ho pensato subito a Papa Giovanni Paolo I, di cui proprio oggi ricorre il trentesimo anniversario della morte. Egli scelse come motto episcopale lo stesso di san Carlo Borromeo: Humilitas. Una sola parola che sintetizza l’essenziale della vita cristiana e indica l’indispensabile virtù di chi, nella Chiesa, è chiamato al servizio dell’autorità. In una delle quattro Udienze generali tenute durante il suo brevissimo pontificato disse tra l’altro, con quel tono familiare che lo contraddistingueva: "Mi limito a raccomandare una virtù, tanto cara al Signore: ha detto: imparate da me che sono mite e umile di cuore … Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili". E osservò: "Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra" (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 51-52). L’umiltà può essere considerata il suo testamento spirituale.

Grazie proprio a questa sua virtù, bastarono 33 giorni perché Papa Luciani entrasse nel cuore della gente. Nei discorsi usava esempi tratti da fatti di vita concreta, dai suoi ricordi di famiglia e dalla saggezza popolare. La sua semplicità era veicolo di un insegnamento solido e ricco, che, grazie al dono di una memoria eccezionale e di una vasta cultura, egli impreziosiva con numerose citazioni di scrittori ecclesiastici e profani. E’ stato così un impareggiabile catechista, sulle orme di san Pio X, suo conterraneo e predecessore prima sulla cattedra di san Marco e poi su quella di san Pietro. "Dobbiamo sentirci piccoli davanti a Dio", disse in quella medesima Udienza. E aggiunse: "Non mi vergogno di sentirmi come un bambino davanti alla mamma: si crede alla mamma, io credo al Signore, a quello che Egli mi ha rivelato" (ivi, p. 49). Queste parole mostrano tutto lo spessore della sua fede. Mentre ringraziamo Dio per averlo donato alla Chiesa e al mondo, facciamo tesoro del suo esempio, impegnandoci a coltivare la sua stessa umiltà, che lo rese capace di parlare a tutti, specialmente ai piccoli e ai cosiddetti lontani. Invochiamo per questo Maria Santissima, umile Serva del Signore.

mercoledì 28 agosto 2013

Commozione e ricordi per papa Luciani

Canale d’Agordo celebra il 35esimo anniversario dell’elezione al soglio pontificio, in attesa di una svolta

di Francesco Dal Mas

CANALE D’AGORDO. La chiesa di Canale d’Agordo, un grande arco verde all’ingresso, e la facciata che racconta Luciani (“io sono il piccolo di una volta”), non riesce a raccogliere tutti i fedeli. Si trasforma in aula liturgica, pertanto, anche la piazza, mentre le nuvole incappucciano le cime. E le campane si sciolgono come nella sera di quell’indimenticabile 26 agosto 1978, quando Albino Luciani venne eletto al soglio pontificio.

Monsignor Luigi Del Favero, vicario generale, si commuove al ricordo. Lo fa introducendo il vescovo di Vicenza, monsignor Beniamino Pizziol, che in occasione del 35esimo anniversario dell’elezione a pontefice dell’umile figlio di queste valli, presiede la solenne concelebrazione con numerosi sacerdoti e l’arcivescovo monsignor Oscar Rizzato, elemosiniere emerito del Papa.

Nei primi banchi ci sono i sindaci della zona, il viceprefetto, le altre autorità, anche i familiari del “papa del sorriso”, il sindaco ed una delegazione del paese natale di Benedetto XVI, Marktl am Inn, in Baviera. Il veneziano Pizziol è stato ordinato prete dall’allora patriarca di Venezia, Luciani appunto. E lo ripropone al popolo del “papa del sorriso” nei termini che gli sono più confacenti.

«La liberazione, che Gesù porta, è destinata in particolar modo ai poveri, agli oppressi, ai prigionieri, ai ciechi, perché costoro sono aperti più degli altri all’annuncio di salvezza e all’azione dello Spirito». Gli anni di vita di Luciani sono stati attraversati da eventi complessi e sofferti, portatori di profondi cambiamenti sociali ed ecclesiali, ricorda Pizziol: è sufficiente ricordare la povertà e l’emigrazione, che coinvolsero anche la sua famiglia, le due guerre mondiali, gli anni affascinanti ed inquieti del concilio Vaticano II, il periodo della contestazione studentesca, operaia, ecclesiale ed il terrorismo.

Ma Luciani non era solo questo, è stato anche un testimone dei passaggi più critici della storia del secolo scorso. E’ stato soprattutto un grande evangelizzatori, “lungo tutto il corso della sua vita come sacerdote, vescovo e papa”. E l’ha fatto: «Secondo il carisma singolare della semplicità e dell’impronta catechetico-pastorale».

Una vita, quella del futuro Giovanni Paolo I, contrassegnata dalle virtù dell’umiltà e al tempo stesso e della fortezza. «Alla virtù dell’umiltà – ha spiegato Pizziol – in Luciani si unì la virtù della fortezza nel difendere la dottrina della fede e nella dedizione totale alla Chiesa di Cristo».

Tutti, qui a Canale, pregano il loro “don Albino” – così ancora lo chiamano, a cominciare dal sindaco Rinaldo De Rocco – come fosse già santo. In cuor suo lo fa anche il vescovo Pizziol, che, in ogni caso, si augura: «Spero che Luciani possa salire al più presto agli onori degli altari».

E il sindaco al riguardo aggiunge: «Ho la sensazione, tutta mia, che fra due anni papa Francesco lo proclamerà beato insieme al suo predecessore Paolo VI». Uno di coloro che non hanno mai perso un anniversario a Canale è il sindaco di Conegliano, Floriano Zambon, che alle preghiere di Luciani deve molto: per la guarigione da un brutto male.

27 agosto 2013






La T-shirt «Santo subito» e la sua Lancia Flavia 1800



CANALE D’AGORDO. «Ringrazio per l’aiuto a mio marito», Raffaella. «Papa Luciani, ti chiedo aiuto per mio fratello», Sara. E Matteo: «Caro papa, ti chiedo di avere un fratello o una sorellina nella pancia di mia mamma». Silvia: «Aiuta mia mamma». «Se riesci, fammi ritrovare il lavoro» gli scrive Mario.

C’è un nuovo libro delle grazie accanto alla statua bronzea di papa Luciani, all’ingresso della chiesa di Canale d’Agordo. Il libro ha 58 pagine già piene di scritte, di richieste, di ringraziamenti e di pensieri carichi di speranza. E la prima è del 16 agosto.

Una decina di giorni sono bastati a riempire tanto spazio. E’ la certificazione che qui Luciani è pregato già come un beato, anzi come un santo.

Sono pure i disabili del Piccolo Rifugio di Vittorio Veneto a testimoniarlo. Sono saliti fin quassù con una T-shirt con questa scritta: “Papa Luciani santo subito. Papa del sorriso proteggici. Gli amici di Papa Luciani”. Sono così gioiosi che con loro posa, per una foto, anche il sindaco di Conegliano, Floriano Zambon. La devozione è davvero popolare.

Alle 16.30 è in programma la messa dell’anniversario. Già alle 15 non si trovava posto. I primi fedeli sono arrivati alle 14. Tanti gli anziani, ma numerosi sono anche i giovani, che magari non hanno neppure conosciuto Giovanni Paolo I.

In piazza fa bella mostra di sé la Lancia Flavia 1800 che l’allora patriarca di Venezia utilizzava nei primi anni Sessanta. Il veneziano monsignor Pizziol se la ricorda ancora quella macchina.

Luigi Dorigo, dopo esser arrivato fin quassù da Motta di Livenza, in tre tappe a piedi, ha ancora la forza di saltellare tra la chiesa e la piazza; è anche lui un devoto di Luciani, dal quale ha ricevuto la cresima. (f.d.m.)

27 agosto 2013


martedì 27 agosto 2013

Canale, oggi celebrazioni in ricordo di papa Luciani


CANALE D’AGORDO. «Caro don Albino, aiutami a trovare lavoro, sono un disoccupato ed ho famiglia da mantenere».

Tra le nuove grazie, nella supplica a papa Luciani, sono sempre più numerose anche quelle di tanti disoccupati, capifamiglia in particolare, che gli chiedono il miracolo di ritrovare il lavoro perso.

Trentacinque anni fa l’elezione al soglio pontificio di colui che a Canale d’Agordo continuano a chiamare “don Albino”, papa Giovanni Paolo I.

Oggi, alle 16.30, la concelebrazione sarà presieduta da monsignor Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza, mentre già ieri sera c’è stato un momento musicale in ricordo, in chiesa. Era il 1978 quando don Albino Luciani diventò pontefice, prendendo il posto di Paolo VI. Dopo soltanto 33 giorni morì e venne eletto Giovanni Paolo II. In queste ore si fa osservare che Wojtyla sta per essere canonizzato, essendo già beato, che Paolo VI è venerabile, quindi prossimo agli altari, mentre Luciani è indietro, servo di Dio.

Si riteneva che dopo la certificazione di un miracolo a lui attribuito, da parte della diocesi di Altamura, in Puglia, la conclusione del processo di beatificazione fosse questione di pochissimi anni.

Il Vaticano, invece, prima deve approvare le virtù eroiche del “papa del sorriso” e, soltanto successivamente, passare alla valutazione del presunto miracolo. Giuseppe Dinora, che quel miracolo l’ha ricevuto, sarà a Canale d’Agordo anche quest’anno. Il percorso è, dunque, ancora di qualche anno. A Canale, però, tutti i pellegrini che arrivano alla sua casa e in chiesa, dove all’ingresso c’è una statua bronzea, pregano Luciani come fosse già santo, non solo beato. Se ne ha testimonianza soprattutto in questi giorni, quelli che precedono le celebrazioni dell’anniversario.

La piazza di Canale è stata trasformata in una chiesa a cielo aperto, dove è in programma la messa del vescovo Pizziol. «Ma se ci sarà maltempo ci stiperemo tutti in chiesa», fa sapere il sindaco Rinaldo De Rocco.

Anche lui ha una grazia da sollecitare a Luciani: la conclusione rapida del cantiere del museo e del centro diurno, che porterà il suo nome. I lavori riprenderanno in settembre, con una nuova impresa, e auspicabilmente, come sottolinea De Rocco, saranno conclusi nella primavera del prossimo anno, «con l’augurio che all’inaugurazione possa intervenire il “nostro’ ministro”, Flavio Zanonato». L’invito gli sarà passato stamattina, ad Agordo, durante il previsto incontro del ministro con i sindaci dell’Agordino nella sede della Comunità montana.

Francesco Dal Mas

26 agosto 2013

lunedì 26 agosto 2013

A 35 anni dall'elezione

Il 26 agosto 1978 veniva eletto Papa il cardinale patriarca di Venezia

Briciole per quattro settimane

Il 26 agosto 1978, eletto in ventiquattro ore al secondo giorno di conclave, Albino Luciani, patriarca di Venezia, sceglie di chiamarsi Giovanni Paolo, accomunando nel nome Giovanni XXIII e Paolo VI. Dio lo chiamerà a sé poche settimane dopo, il 28 settembre. Dell’intenso e indimenticato settembre di Papa Luciani, vanno soprattutto ricordati i momenti bellissimi delle udienze generali del mercoledì, nelle quali sembra riprendere, in qualche modo, la sua Catechetica in briciole.
 Nell’opera edita nel dicembre 1949, il giovane prete raccomandava al catechista l’entusiasmo, la convinzione, l’amore, e non soltanto la scienza e la conoscenza, ma soprattutto la capacità di essere comunicatore. Un trentennio più tardi, appena eletto Pontefice, sulla scia del suo predecessore, avrebbe voluto fare delle sue udienze — come disse il 6 settembre — «una vera catechesi adatta al mondo moderno»: quella di un Papa catechista, appunto.
 Quasi trasformando quegli incontri partecipatissimi in quattro stazioni di accostamento al nucleo centrale del cristianesimo, la prima volta chiamò accanto a sé un chierichetto. Il «catechista si preoccupa non solo di fare e parlare lui, ma soprattutto di far fare agli alunni e di farli parlare», recitava infatti la sua Catechetica(4, 6).
 La settimana dopo, la tonalità emotiva ed esistenziale dell’atto di fede, sulla base di Trilussa, di san Paolo e di sant’Agostino, fu efficacemente da lui descritta come un «arrendersi a Dio, ma trasformando la propria vita», sapendo cioè che Dio ha «più tenerezza ancora di quella che ha una mamma verso i suoi figlioli». Il 20 settembre, mentre a Friburgo un consesso internazionale discuteva sul “futuro della speranza”, fu la volta appunto della speranza, da lui assimilata alla iucunditas di Tommaso d’Aquino e alla hilaritas di Agostino. Infine, il 27 settembre, riprendendo testualmente l’Atto di carità insegnatogli dalla mamma quando era piccolo (in veneto, un bocia), parlò dell’amore, che non solo rimane nella memoria e nella mente come un qualunque dato dell’apprendimento, ma che attrae ogni volta che ci si pensa, come un «correre con il cuore verso l’oggetto amato».
 Quattro udienze generali, caratterizzate sempre da un’atmosfera di fraternità palpabile, con citazioni non soltanto dei Padri e dei teologi, ma anche di pensatori e letterati: la seconda volta fu il turno di Ozanam e Lacordaire; la terza di Saint-Beuve e dello scozzese non cattolico Andrea Carnegie; la quarta di un suo imprecisato professore di filosofia e di Jules Verne. Momenti quasi di contatto diretto con i propri confratelli nell’episcopato e con tanti laici. Un momento di famiglia, percepito come se si fosse alla presenza, nel modo più tenero, del Signore, come capita a un bambino quando sta di fronte alla mamma: «Come un bambino davanti alla mamma crede alla mamma, io credo al Signore».
  Vincenzo Bertolone
25 agosto 2013


martedì 20 agosto 2013

Eventi a Canale d'Agordo per Papa Luciani

  
AGOSTO

Sabato 24 ore 20.45                                                                  
sala via Lotta di Canale d’Agordo

Un libro con Papa Luciani: presentazione del libro di Paul Spackman “God’s Candidate”, unica biografia completa in lingua inglese sulla vita di Papa Luciani con la presenza dell’autore

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Domenica 25 ore 20.45                                                                             
chiesa della Beata Vergine della Salute di Caviola (Falcade)

Concerto di musica sacra del quartetto “Gli Archi del Friuli e del Veneto”: “Le ultime sette parole di  Cristo in Croce” con brani di Haydn

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Lunedì 26 ore 16.30                                                                                 
piazza Papa Luciani di Canale d’Agordo

S.Messa in occasione del 35° Anniversario dell’elezione di Papa Luciani presieduta dal vescovo di Vicenza Mons. Beniamino Pizziol


SETTEMBRE

Sabato 28 ore 18.00                                                                              
chiesa della Pieve di Canale d’Agordo

S.Messa in occasione del 35° Anniversario della morte di Papa Luciani

domenica 30 giugno 2013

Cinque personalità per ricordare la figura di Giovanni Paolo I

Premiati il cardinale Herranz Casado, Joaquin Navarro Valls, l’ex calciatore Tommasi e i musicisti Ruini e Mainetti


di Anna Apollonia

SANTA GIUSTINA. La serata di consegna dei premi dedicati al ricordo di Papa Giovanni Paolo I è stata occasione per scoprire dei lati privati di Papa Luciani e del suo successore, Giovanni Paolo II. Ad accomunare questi due pontefici, una ricorrenza, i 25 anni dalla visita di Papa Wojtila al Centro di Santa Giustina, a dieci anni dalla morte del suo predecessore.
È’ stato il cardinale Julian Herranz Casado, presidente della commissione d’inchiesta sulla fuga di notizie in Vaticano, a raccontare la venerazione di Luciani per Josèmaria Escrivà, il fondatore dell’Opus Dei, movimento con cui Herranz ha lavorato per molti anni. «Veniva spesso nella casa di Roma a pregare sulla tomba del fondatore», ha raccontato, «e mi piace pensare che in cielo si siano trovati due santi: Escrivà, che è già stato dichiarato tale dalla Chiesa, e Luciani, che per me lo è sempre stato».
Il cardinale ha ricordato la grande capacità comunicativa di Giovanni Paolo I, capace di affrontare l’azzardo di chiamare vicino a se un bambino senza averlo concordato prima, affrontando apertamente la sua spontaneità.
Sulla necessità di imparare dai bambini, ha messo l’accento anche Damiano Tommasi, ex calciatore di serie A, oggi presidente dell’associazione Calciatori e padre di cinque figli: «Ai bambini non serve l’arbitro», ha raccontato, «sanno quali sono le regole del gioco e del fair play e le rispettano da soli. Sono i genitori a bordo campo, spesso, a metterli in confusione». Il premio a Tommasi è stato assegnato per aver vissuto apertamente la sua fede nel mondo del calcio, una scelta che non è stata semplice, come ha raccontato, perché è molto facile diventare una macchietta, essere fraintesi, perché viene visto come un modo per mettersi in mostra.
Joaquin Navarro Valls, portavoce per oltre vent’anni di Giovanni Paolo II, ha regalato ai presenti una sua riflessione su come l’allora cardinale Karol Wojtila visse la morte di Luciani e il conclave che lo elesse Papa. «Luciani e Wojtila si conobbero nel conclave di agosto, ma nacque subito una sintonia, come mostra bene la celebre foto dell’abbraccio durante la messa di inizio pontificato», ha raccontato. «Durante un soggiorno qui in Cadore mi raccontò che la morte di Giovanni Paolo I lo lasciò sconvolto e confuso. Io credo, ma non gli ho mai chiesto la conferma, che avesse ricevuto voti già durante il conclave di agosto, e si sentisse di poter essere eletto».
Da giornalista Navarro Valls ha ricordato come entrambi i pontefici fossero grandi comunicatori, in particolare Luciani, che «in soli 30 giorni ha spiegato al mondo la teologia dell’allegria, lo stare bene con se stessi, nonostante quello che succede, che viene dalla convinzione di essere fatti a immagine di Dio».
La soprano Rossella Ruini, che collabora con molte produzioni religiose e si è esibita in molti eventi del Giubileo anche alla presenza del Papa, eventi da lei definiti di grande emozione, ha proposto alcuni brani religiosi molto celebri.
Per la musica è stato premiato anche Stefano Mainetti, compositore di colonne sonore molto noto anche in America. Da alcuni anni, è stato coinvolto in progetti come “Tu es Christus” dove la musica accompagna frasi celebri di papa Wojtyla prese dai suoi discorsi. Mainetti ha definito queste esperienze un’occasione per riscoprire la sua fede.

domenica 9 giugno 2013

Papa Roncalli a Luciani: «Il vescovo parli semplice»

INEDITO

«Non è qui il luogo di enunciare tutto ciò che papa Giovanni ha fatto per il bene non solo della Chiesa, ma dell’umanità; vorrei solo sottolineare lo spirito con cui l’ha fatto». Sono le parole pronunciate da Albino Luciani, allora vescovo di Vittorio Veneto, il 6 giugno 1963 nella liturgia in suffragio per la morte di Giovanni XXIII. «Questo spirito – continuava Luciani in quell’omelia – l’ho appreso dalle sue auguste labbra, seduto di fronte al suo scrittoio, in un’udienza privata, per me indimenticabile, cinque giorni prima che mi consacrasse vescovo». 

Tra le carte manoscritte di Papa Luciani non ancora conosciute, e che grazie all’introduzione della sua Causa di canonizzazione è stato possibile recuperare, si trova anche il diario di quell’udienza privata che egli ebbe con Giovanni XXIII nell’imminenza della sua consacrazione episcopale. Luciani fu consacrato vescovo il 28 dicembre 1958, l’incontro privato con papa Roncalli è segnato il 21 dicembre. L’appunto di quella circostanza stilato da Luciani con dovizia di particolari è riportato in uno dei quaderni a quadretti autografi degli anni Cinquanta provenienti dal suo archivio privato. Si tratta di pagine preziose quanto rare non solo perché il futuro Giovanni Paolo I, a differenza di Roncalli, risulta pressoché estraneo al genere della diaristica – e solo in questa circostanza reputandola di grande significato per sé, egli volle fare uno strappo alla regola – ma anche perché quell’incontro cade nell’imminenza dell’annuncio del Concilio che di lì a breve papa Roncalli avrebbe fatto.

Le pagine del diario personale recano le date e scandiscono le ore di tutta la permanenza di Luciani a Roma nel periodo compreso tra il 15 e il 29 dicembre. Sono scritte con la sua tipica grafia minuta, in stile telegrafico, caratterizzato da parole abbreviate, siglate, volte solo a trattenere l’essenziale per sé nella propria memoria. Da queste apprendiamo che egli dal 19 dicembre si stabilisce al Celio per frequentare gli esercizi spirituali ai Santi Giovanni e Paolo. Il giorno 21 annota: «Domenica (interrompo il ritiro). Ore 10.30 in Vaticano per l’udienza privata». Prima di incontrare il Papa, Luciani s’intrattiene in conversazione con il suo segretario monsignor Loris Capovilla e annota: «Mons. Capovilla intrattiene il segretario e me parlandoci dell’amabilità e semplicità del S. Padre che rifugge dall’esteriorità e si preoccupa soprattutto di fare la volontà di Dio», e aggiunge, riportando ancora le parole di Capovilla: «Fratellanza, mitezza (non gli piace [a Giovanni XXIII, ndr] la parola "crociata". Dice Roncalli questa è contraria alla storia della Chiesa e alla mitezza con cui ha operato Cristo)». 

Alle 11.35 annota il momento dell’udienza e appunta: «Dal Papa (genuflessione, l’anello, bacio fraterno). Poi a sedere: "Reverendo lei pregherà per me e io pregherò per lei"». «Mi conosceva – scrive Luciani – mi aveva scelto lui stesso dopo aver sentito parlare di me da parte di S.E. Bortignon e Muccin: sperava che sarei riuscito bene a V.V. Anche lui non aspettava di essere fatto Papa, ma aveva accettato con semplicità quello che gli appariva volontà di Dio. La Provvidenza lo aveva innalzato continuamente, nonostante che egli non avesse né desiderato né cercato. E questo in seguito a una provvidenziale meditazione che era stata decisiva e orientativa per la sua vita. 

Nel 1904, poco dopo essere ordinato prete, dovendo predicare in seminario ai compagni, la Provvidenza l’aveva fatto imbattere in un capitolo dell’Imitazione: le 4 cose più importanti per avere una grande pace. "Vada a vedersela, dice, è al libro terzo, cap. 3", intanto recita a memoria: "Quattro cose arrecano grande pace. Prima: studiati di fare la volontà altrui piuttosto che la tua. Seconda: preferisci sempre di possedere meno piuttosto che molto. Terza: cerca sempre l’ultimo posto. Quarta: desidera sempre e prega che in te si faccia integralmente la volontà di Dio. Ho cercato da allora di mettere in pratica questi quattro punti e mi sono trovato bene tanto nella gioia che nei dolori; il Signore mi ha aiutato e benedetto». «Da allora – conclude Luciani appuntando le parole del Papa – "con una vera grazia c’era riuscito ed il Signore l’aveva benedetto con un continuo salire"». 

Tornando a ripensare alla vita di papa Giovanni, rileggendo le sue lettere e i suoi discorsi, Luciani dirà in seguito: «Ho trovato che egli mi aveva detto il vero. Egli si è veramente lasciato guidare dalla volontà di Dio, non ha cercato il successo e la grandezza, ha avuto molta dolcezza e pazienza». Nel riportare i momenti salienti dell’incontro Luciani sottolinea anche una particolare nota esortativa rivoltagli da Giovanni XXIII nel corso del colloquio. Trascritta letteralmente, conservando la frammentarietà dell’appunto, la nota è la seguente: «+ chi fa capire che la gran scienza, le parole difficili lasciano il tempo che trovano + efficaci le parole semplici - limitarsi non solo a credere... ma a essere uniti con Cristo». «"Parlare semplice, dunque, parlare chiaro, poche cose sentite: illuminare, illuminare" dice il Papa», riprenderà poi in una lettera al clero del 1960. Ma l’insistenza di Giovanni XXII sulla comprensibilità della parola, nella circostanza dell’udienza, appare un imperativo nel quale vi si legge quasi una sorta di <+corsivo>traditio lampadis<+tondo>, una consegna di papa Roncalli nei confronti di Luciani, tanto più significativa alla luce dell’imminenza del Concilio che avrebbe sollecitato la riforma liturgica, ossia con il recupero della lingua parlata, di quell’oralità che sembrava essere stata esiliata dalla Chiesa. 

Luciani nei suoi resoconti conciliari nota con ammirazione che il Papa aveva sottoscritto la propria professione di fede firmandosi come «Giovanni, vescovo della Chiesa cattolica», usando con semplicità solo il titolo «che lo unisce ai suoi fratelli, i vescovi della Chiesa di Dio». Uno dei suoi tre interventi scritti nel corso dell’assise conciliare riguarderà proprio la collegialità dei vescovi. Lo colpisce inoltre il fatto che all’apertura del Concilio il Papa abbia evitato «tutte le sentenze solo negative» e abbia chiamato la Chiesa a utilizzare al loro posto «la medicina della misericordia» nei rapporti con la modernità. Scrive: «L’idea di papa Giovanni, che più ha colpito il mio spirito, è questa: Ecclesia Christi lumen gentium! Anche nel famoso discorso di apertura del Concilio egli pensava al mondo: «Mi raccomando – aveva l’aria di dire nel suo latino ben curato – non desidero un Concilio-museo, che si limita a raccogliere e catalogare pezzi antichi; il Concilio deve essere fucina, che sforni dottrine immutate, ma in forme nuove, con spirito nuovo, in vista di nuovi bisogni. Oggi la Chiesa deve essere madre di tutti, benigna, paziente, piena di misericordia, anche verso i figli separati; la gran medicina di oggi deve essere la misericordia"». 

Nell’omelia in suffragio di Giovanni XIII osserverà infine: «Compiuta la sua missione, quaggiù resta il bene che ha fatto, resta, incitatore e consolante, il suo luminoso esempio. Resta anche l’alto insegnamento, questo: "Allargate l’area della Chiesa! La verità da sola non basta, occorre la carità! Guardate in alto e lontano!"». Quindi concluse Luciani: «Accogliamo il monito... non si dica di noi che il passaggio di papa Giovanni ci ha appena sfiorato il cuore. Si dica: "Quel papa grande e buono li ha impressionati, li ha trasformati nelle idee e nella vita"».

Stefania Falasca        

http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/papa-roncalli-a-luciani-il-vescovo-parli-semplice.aspx

giovedì 28 marzo 2013

Museo Luciani, cresce il ritardo


Canale, il sindaco Rinaldo De Rocco è infuriato. L’inaugurazione slitta alla primavera del 2014

di Francesco Dal Mas

CANALE D’AGORDO. «È più facile tirar su un grattacielo a New York che ristrutturare un piccolo palazzo a Canale d’Agordo». Il sindaco Rinaldo De Rocco ha un diavolo per capello. Il museo dedicato a Papa Luciani ed il centro diurno per anziani, che saranno accolti nell’edificio storico in ristrutturazione vicino alla chiesa, quindi in piazza, dovevano essere pronti ancora l’estate scorsa; l’inaugurazione era stata programmata per il centenario della nascita di Albino Luciani. Invece? Niente da fare.

Nei mesi scorsi il sindaco s’era illuso, prima che arrivasse l’abbondante nevicata, che l’impresa sarebbe stata nelle condizioni di riprendere il cantiere “al più presto”, in modo da portarlo a termine a fine primavera, al più tardi per l’anniversario dell’elezione di Luciani al soglio pontificio, quindi in agosto. Pare, in effetti, che la ditta Azzolini di Trento sia in grado di rimettersi al lavoro già la prossima settimana, o qualche giorno più in là. Ma il crono programma fissato a suo tempo non potrà essere rispettato.

«Ci auguriamo, e intanto incrociamo le dita, che il nuovo museo possa essere aperto fra un anno, quindi nella primavera del 2014, contestualmente ben s’intende al centro per anziani», sospira Loris Serafini, che con il sindaco De Rocco condivide la gestione della Fondazione Luciani e, di conseguenza, la realizzazione del museo dedicato a quello che a Canale d’Agordo continuano a chiamare “il nostro don Albino”. Fatti un po’ di conti, il ritardo sarebbe, dunque, di ben un anno e mezzo.

L’immobile attualmente è al coperto. Mancano le rifiniture, gli impianti, gli infissi. Il rallentatore è stato acceso da una serie di difficoltà tecnico-burocratiche; qualche responsabilità, però, sarebbe anche in capo all’impresa. «Farò in modo», anticipa il sindaco, «che una volta riaperto il cantiere si possa procedere senza ulteriori intoppi. E con la massima rapidità».

Sono già arrivati, infatti, i primi pellegrinaggi organizzati, nonostante la neve. Un segnale che sia il sindaco che Serafini interpretano in modo positivo. «L’anno scorso abbiamo superato le 50 mila visite. Gli ingressi al museo sono stati 15 mila e noi calcoliamo», puntualizza Serafini, «che i pellegrini siano almeno 4 volte tanto, forse 5”. Addirittura, quindi, più di 50 mila.

Una cifra destinata ad essere abbondantemente superata quest’anno. È infatti molto viva l’attesa che Luciani possa salire agli onori degli altari. Il “gran ritiro” di Benedetto XVI, con il conseguente disincarico del prefetto della Congregazione per le cause dei santi e l’arrivo del nuovo papa hanno determinato un imprevisto allungamento dei tempi. La “positio”, per altro, non è stata ancora consegnata, se non nella sua parte introduttiva. E qualche dubbio, a quanto pare, determinerà una nuova verifica del miracolo di Altamura. A Canale d’Agordo, tuttavia, papa Luciani continua ad essere pregato come un santo.

10 marzo 2013

http://corrierealpi.gelocal.it/cronaca/2013/03/10/news/museo-luciani-cresce-il-ritardo-1.6678774

giovedì 7 febbraio 2013

Papa Luciani, la beatificazione slitta


Canale. La “positio” non è ancora completa, l’impressione è che don Albino dovrà mettersi in coda alla causa di Montini

di Francesco Dal Mas

CANALE. Sconta qualche ritardo la causa di beatificazione di papa Luciani, in particolare nella “positio”, ovvero la documentazione sulla vita e l’opera di Giovanni Paolo I, passo preliminare al riconoscimento ufficiale del miracolo e alla proclamazione delle virtù eroiche del candidato agli onori degli altari. Senza la chiusura di questa procedura da parte della Congregazione pontificia per le cause dei Santi, non vi potrà essere l’attesa autorizzazione del papa alla beatificazione.

Il 2 e 3 febbraio sarà a Belluno monsignor Enrico Dal Covolo per la festa di San Giovanni Bosco nella comunità salesiana. Dal Covolo è il postulatore della causa di beatificazione, oltre che il rettore della Pontificia Università Lateranense. In occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo, l’anno scorso ad Agordo, a fine giugno, Dal Covolo aveva annunciato, a sorpresa, che la “positio” di Luciani sarebbe stata consegnata in occasione del centenario della nascita, il 17 ottobre, a Roma.

In quella circostanza, invece, è stata depositata solamente una parte dei documenti e si è detto che il completamento sarebbe avvenuto da lì a poche settimane di distanza.

Ma quanto preventivano nei fatti non è ancora accaduto. Stefania Falasca e don Davide Fiocco, già parroco di Cortina, stanno ultimando alcuni lavori, in particolare quello relativo alla biografia di Luciani.

E per quest’opera delicata hanno tutto il tempo necessario; la Congregazione non fa fretta. A Belluno si ha la sensazione che prima di concludere l’iter di Luciani, Roma voglia terminare quello di Montini, più conosciuto come papa Paolo VI, al quale si deve la conclusione del Concilio Vaticano II. Monsignor Dal Covolo, dunque, è atteso a Belluno per fare il punto della situazione.

Intanto qualche ritardo lo stanno scontando anche il museo dedicato a Luciani dal Comune di Canale e dalla Fondazione, nonché il centro diurno per gli anziani.

«Mi auguro che l’inaugurazione possa avvenire con le celebrazioni dell’anniversario dell’elezione a pontefice in agosto», anticipa il sindaco De Rocco, che l’anno scorso si era battuto per accelerare i tempi, «fallito l’obiettivo nel 2012, avevo fissato il traguardo nella primavera di quest’anno», spiega ancora il primo cittadino, «ma ritengo che ancora una volta non ce la faremo ad essere puntuali;e non certo per nostra responsabilità, ma per quella delle imprese che inspiegabilmente non sono così rapide come speravamo».

In questi giorni un progettista sta concludendo lo studio sull’arredamento del museo, un passaggio molto delicato.

Gli infissi, invece, sono già al loro posto. Nei prossimi giorni il sindaco ed il parroco don Mariano si incontreranno per ipotizzare il programma dell’estate, fino al 17 ottobre, quando si concluderà l’anno del centenario della nascita di Luciani. Lo stesso sindaco, intanto, sta verificando con la famiglia Luciani come potrà essere utilizzata la casa natale del pontefice. Anche qui ci sono diverse idee sul tappeto; si cerca quella migliore.

26 gennaio 2013



mercoledì 9 gennaio 2013

A Iria Tancon la cittadinanza di Canale

Mercoledì il conferimento del riconoscimento alla presidente della famiglia bellunese a Jaraguà







CANALE D'AGORDO. Iria Tancon diverrà cittadina onoraria di Canale d'Agordo. Il riconoscimento le verrà conferito nel corso del consiglio comunale convocato dal sindaco Rinaldo De Rocco per mercoledì alle 19.
A Iria Tancon, attualmente rappresentante statale dell'educazione a Florianopolis (capitale dello stato di Santa Catarina nel sud del Brasile), rappresentante consolare d'Italia a Jaraguà do Sul e presidente della famiglia bellunese di Jaraguà do Sul, la comunità canalina e quella dell'intera Valle del Biois devono infatti la scoperta di un'importante pagina della loro storia, quella legata all'emigrazione. Fino agli anni ’70 del secolo scorso si era sì a conoscenza che qualche abitante della vallata fosse emigrato in Brasile a fine '800 in cerca di fortuna, ma si pensava che il fenomeno fosse stato piuttosto ristretto. In realtà coloro che lasciarono per sempre le proprie case affrontando il lungo viaggio oltre oceano furono ben 500, ma la consapevolezza di ciò si ebbe solo nei primi anni '90 e fu dovuta proprio a Iria Tancon.
Nipote di un emigrante canalino nello Stato di Santa Catarina, Iria, studentessa di ottime capacità, dopo la laurea ricevette una borsa di studio e nel 1978 venne a studiare in Italia. Prima di partire, il padre le affidò alcune delle lettere che si era scambiato con un cugino di Canale. Una volta a Roma, Iria si mantenne agli studi lavorando come dattilografa e proprio in questa attività incontrò il nome del cugino del padre: Albino Luciani, a quel tempo ancora patriarca di Venezia e prossimo a diventare papa.
I due ebbero modo di conoscersi direttamente a Venezia e successivamente Iria fu molto vicina a Luciani nei 33 giorni di pontificato. Iria tornò poi in Italia nel 1994 e visitò la terra dei suoi avi. In questo contesto avvenne il fatto che portò alla scoperta della massiccia emigrazione ottocentesca. Mentre consultava l'elenco telefonico, riconobbe che buona parte dei cognomi locali (tra i 35 e i 40) erano gli stessi che si trovavano nella sua comunità brasiliana. Da qui, incoraggiate dall'allora sindaco di Vallada, Carla Andrich, partirono delle ricerche che appurarono la consistenza del fenomeno migratorio di fine '800 e che permisero di stringere delle amicizie con la comunità italiana di Massaranduba. Un'amicizia che, nel settembre 2011, è approdata alla stipula di un vero e proprio gemellaggio tra i cinque comuni della Valle del Biois (Falcade, Canale, Vallada, Cencenighe e San Tomaso) e Massaranduba. (g.san.) 
 
04 gennaio 2013