martedì 13 novembre 2012

Il Patriarca Moraglia ricorda Albino Luciani: "Senza timori e calcoli umani, con la fortezza degli umili!"


Venezia ha ricordato martedì 30 ottobre il centenario della nascita di Albino Luciani, già Patriarca della diocesi lagunare prima di diventare nel 1978, e per soli 33 giorni, Papa Giovanni Paolo I. E lo ha fatto con un doppio appuntamento: innanzitutto alle ore 18.00, nella basilica cattedrale di S. Marco, la S. Messa presieduta dal Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia insieme ai vescovi della Conferenza episcopale triveneta; subito dopo, alle ore 20.30, il concerto di musica sacra offerto dalla Procuratoria della Basilica di San Marco, dall'Istituto Polacco di Roma e dalla Fondazione Capella Cracoviensis di Cracovia con il contributo del Ministro della Cultura e del Patrimonio Nazionale della Repubblica di Polonia e della Città di Cracovia. Il programma del concerto prevedeva le composizioni di due tra i massimi esponenti della scuola veneziana del XVII secolo: Giovanni Gabrieli, compositore, organista e maestro di cappella della Basilica di San Marco del quale ricorrono i 400 anni dalla morte (1612) e Mikolaj Zielenski, compositore, organista e maestro di cappella legato alla Collegiata di Lowicz (sede del Primate polacco). Le composizioni di Mikolaj Zielenski verranno presentate per la prima volta nella Basilica di San Marco dopo la loro pubblicazione avvenuta nel 1611 nell’officina di Giacomo Vincenti a Venezia. Ad eseguire il concerto è stato il Collegium Zielenski diretto da Stanislaw Galonski, uno dei massimi esperti nel campo dell'esecuzione e promozione della musica antica, insieme a Joel Frederiksen (basso profondo) e ai solisti dell’ensemble Collegium Zielenski.

Ecco alcuni passaggi dell riflessione del Patriarca Moraglia che, nell'omelia, ha così tratteggiato la figura di Albino Luciani: “Ma chi era questo figlio della terra veneta che divenne patriarca di Venezia e sommo pontefice della Chiesa cattolica? Albino Luciani fu un sincero e onesto lavoratore della vigna del Signore, uomo profondamente obbediente a Dio e al Suo progetto, chiamato a compiti e decisioni davvero ardue. Annunziare il Vangelo senza rinnegarlo, stare di fronte al mondo senza temerlo e senza scendere a compromessi, presiedere a una comunità cristiana ferita nella comunione, senza cedere alla tentazione di conquistarsi una facile notorietà, significa infatti caricarsi della propria parte di sofferenza. A Venezia il ricordo del patriarca Luciani è ancora vivo nel popolo di Dio e, col passare del tempo, l’affetto si unisce alla crescente stima per la sua santità: è quanto, con piacere, ho potuto constatare di persona fino ad ora. Nel messaggio d’inizio pontificato Giovanni Paolo I ha espresso in modo compiuto il suo pensiero sulla Chiesa vista come corpo vivo, realtà comunionale ed evangelizzatrice. Parlò agli uomini e alle donne di Chiesa chiamandoli, semplicemente, figli e domandò di prendere coscienza della loro responsabilità e superare, così, le tensioni interne ponendoli in guardia dalla tentazione di uniformarsi al mondo, non ricercando il facile applauso ed esortandoli con forza affinché diano testimonianza della propria fede davanti al mondo. Il fermo richiamo a prendere le distanze dalla tentazione d’uniformarsi al mondo spiega quello che fu il suo costante stile di prete, vescovo e papa. Siamo di fronte non a un generico appello all’unità ma all’effettiva comunione ecclesiale costruita attorno a Gesù Cristo e al suo Vangelo, prendendo le distanze da mediazioni che svuotano il Vangelo e portano il cristiano ad essere il “notaio” di quanto, di volta in volta, gli viene proposto. Ma così facendo si svuota il buon annuncio del Vangelo… Per quanto riguarda la breve ma densa apparizione di Luciani sulla cattedra di Pietro osservo che gli avvenimenti non ricevono senso solo dalla durata; hanno significato per ciò che rappresentano in se stessi e per la forza con cui sono capaci di generare futuro. Avvenimenti improvvisi possono produrre novità sostanziali mentre avvenimenti di lunga durata non è detto che riescano a generare novità. Come il classico “sasso” gettato nello stagno, al pontificato di Paolo VI - il cardinale italiano Giovanni Battista Montini che, per oltre trent’anni, era stato a servizio della Curia romana -, faceva seguito il brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I, il cardinale italiano Albino Luciani, uomo del tutto estraneo alla Curia, e all’inizio non certamente tra i più accreditati candidati. Il pontificato di Giovanni Paolo I, anomalo per la sua brevità, va considerato proprio per tale fatto un inizio, un’antifona che, nella continuità della storia della Chiesa, segna una vera ripartenza. Con l’elezione a Papa del patriarca di Venezia, nato a Canale d’Agordo, di fatto mai uscito - se non per qualche breve viaggio - dal natìo Veneto e privo di ogni dimestichezza con la Curia, veniva “azzerato” uno schema che, agli occhi di molti, era ritenuto insuperabile. Per taluni Albino Luciani sarebbe stato, alla fine, solo un ingenuo e un semplice, un intransigente e una persona non all’altezza, non in grado di dire no ad un peso per lui eccessivo… Eppure in Giovanni Paolo I l’umiltà e l’obbedienza vissuta personalmente - e solo dopo chiesta agli altri -, il sincero amore a Cristo e alla Chiesa evidenziano pienamente l’animo della persona. Luciani s’impegnò sempre in un annuncio evangelico compiuto nella Chiesa e a nome della Chiesa, senza timori e calcoli umani: è questa la fortezza degli umili!”

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