giovedì 21 agosto 2014

«A Venezia molte cose di papa Luciani»

La nipote Pia ricostruisce la vicenda degli oggetti appartenuti al pontefice e che si fatica a riportare al paese natale






di Gianni Santomaso 

 


CANALE D'AGORDO. «Le cose personali sono arrivate a noi, assieme ad altri quattro scatoloni, il resto è rimasto a Venezia e non so se oggi sia stato riordinato».
Pia Luciani, la nipote di papa Giovanni Paolo I, racconta quello che sa circa la fine che hanno fatto gli oggetti appartenuti allo zio.
Lo fa dopo che il direttore della Fondazione Papa Luciani, Loris Serafini, aveva spiegato le difficoltà riscontrate nel ritrovare i reperti sparsi in tutto il mondo, intervenendo durante l’assemblea dell’altra sera convocata dall’amministrazione comunale per fare il punto sullo stato dell’arte del museo e della Fondazione.
«Intanto – dice Pia Luciani – devo dire che le cose personalissime (occhiali, orologio, catenina, fotografie) ci sono state consegnate direttamente da suor Vincenza. Le altre sono state inscatolate e mandate a Venezia con l'incarico di darle a noi. Infatti non hanno trovato il testamento dello zio. Probabilmente era un foglio molto semplice in cui lui, come aveva sempre fatto in precedenza, avrebbe lasciato tutto alla diocesi o ai poveri. Gli eredi pertanto erano mio papà e mia zia. Mio papà è stato chiamato a Venezia e gli è stato detto di scegliersi qualcosa anche se l'amministratore aveva detto che in realtà doveva essere il contrario e cioè che la famiglia avrebbe dovuto decidere cosa lasciare a Venezia».
«Insomma – prosegue Pia Luciani – mio papà si è preso due scatole con vestiti, libri e anche gioielli e due scatole sono andare alla zia. Poi ha chiamato tutti i preti della diocesi i quali hanno scelto qualche oggetto. Il resto è stato consegnato a don Mario Senigaglia (segretario di Luciani quando era patriarca) perché facesse un'asta benefica. Certe cose è stato mio papà stesso a darle alle persone, per esempio il cappello finito in Uganda che aveva consegnato a un cardinale di quel paese».
Molte cose però sono rimaste a Venezia e la cosa è nota nell'ambiente se anche monsignor Giorgio Lise, dal 2003 al 2006 vicepostulatore diocesano della causa di beatificazione di Luciani, dice che «anche allora ci si lamentava che molte cose si erano fermate a Venezia e non erano mai arrivate a Canale».
«Sì – dice Pia Luciani – una parte è andata al museo e i libri e i documenti sono stati messi in un angolo. Quando siamo andati a vedere siamo rimasti male nel vederli così, li abbiamo chiesti con una lettera a Scola, ma non ce li hanno dati».
La nipote del papa interviene anche sul processo di beatificazione e sui dubbi emersi giovedì sera a Canale durante l’assemblea.
«Stefania Falasca – dice Pia Luciani – sta facendo un lavoro eccelso che mette in evidenza la figura di mio zio. È un lavoro complesso, scientifico. Io personalmente voglio che ci mettano un anno in più e non che facciano le cose in fretta con aneddoti, fioretti e testimonianze di gente che parla per sentito dire».
«Don Davide Fiocco collabora materialmente con Stefania Falasca – continua Luciani – ma non ha la sua visione complessiva. L'ultima volta che ho parlato con lei non mi ha detto niente né in un senso né in un altro. Mi ha semplicemente detto che stavano andando avanti con la seconda parte della positio che dovrà dimostrare attraverso gli scritti le virtù umane e teologali di mio zio. Poi si esamineranno i miracoli. La gente non deve avere fretta».
È un po' anche il pensiero di don Giorgio Lise. «Nel 2003 dicevo che sarebbero serviti 15 anni – sottolinea l’attuale arcidiacono di Agordo – adesso dobbiamo aspettare la seconda parte della positio che dicono arriverà a settembre, quindi occorrerà che Luciani venga dichiarato venerabile e poi si passerà all'esame del miracolo o dei miracoli».
E qui, però, anche monsignor Lise, che parla a titolo personale, ha il sentore che qualche intoppo ci sia. «L'anno scorso – dice infatti – erano usciti dei dubbi nella commissione sul fatto che quello riguardante Giuseppe Denora fosse un miracolo. Perché lo sia servono la gravità della situazione, la guarigione improvvisa e inspiegabile. Lui aveva fatto un ciclo di chemio, devono capire se questo ha inciso sull'inspiegabilità della guarigione».

27 luglio 2014
 









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