La nipote Pia ricostruisce la vicenda degli oggetti appartenuti al pontefice e che si fatica a riportare al paese natale
CANALE D'AGORDO. «Le cose personali sono
arrivate a noi, assieme ad altri quattro scatoloni, il resto è rimasto a
Venezia e non so se oggi sia stato riordinato».
Pia Luciani, la
nipote di papa Giovanni Paolo I, racconta quello che sa circa la fine
che hanno fatto gli oggetti appartenuti allo zio.
Lo fa dopo che
il direttore della Fondazione Papa Luciani, Loris Serafini, aveva
spiegato le difficoltà riscontrate nel ritrovare i reperti sparsi in
tutto il mondo, intervenendo durante l’assemblea dell’altra sera
convocata dall’amministrazione comunale per fare il punto sullo stato
dell’arte del museo e della Fondazione.
«Intanto – dice Pia
Luciani – devo dire che le cose personalissime (occhiali, orologio,
catenina, fotografie) ci sono state consegnate direttamente da suor
Vincenza. Le altre sono state inscatolate e mandate a Venezia con
l'incarico di darle a noi. Infatti non hanno trovato il testamento dello
zio. Probabilmente era un foglio molto semplice in cui lui, come aveva
sempre fatto in precedenza, avrebbe lasciato tutto alla diocesi o ai
poveri. Gli eredi pertanto erano mio papà e mia zia. Mio papà è stato
chiamato a Venezia e gli è stato detto di scegliersi qualcosa anche se
l'amministratore aveva detto che in realtà doveva essere il contrario e
cioè che la famiglia avrebbe dovuto decidere cosa lasciare a Venezia».
«Insomma
– prosegue Pia Luciani – mio papà si è preso due scatole con vestiti,
libri e anche gioielli e due scatole sono andare alla zia. Poi ha
chiamato tutti i preti della diocesi i quali hanno scelto qualche
oggetto. Il resto è stato consegnato a don Mario Senigaglia (segretario
di Luciani quando era patriarca) perché facesse un'asta benefica. Certe
cose è stato mio papà stesso a darle alle persone, per esempio il
cappello finito in Uganda che aveva consegnato a un cardinale di quel
paese».
Molte cose però sono rimaste a Venezia e la cosa è nota
nell'ambiente se anche monsignor Giorgio Lise, dal 2003 al 2006
vicepostulatore diocesano della causa di beatificazione di Luciani, dice
che «anche allora ci si lamentava che molte cose si erano fermate a
Venezia e non erano mai arrivate a Canale».
«Sì – dice Pia Luciani
– una parte è andata al museo e i libri e i documenti sono stati messi
in un angolo. Quando siamo andati a vedere siamo rimasti male nel
vederli così, li abbiamo chiesti con una lettera a Scola, ma non ce li
hanno dati».
La nipote del papa interviene anche sul processo di
beatificazione e sui dubbi emersi giovedì sera a Canale durante
l’assemblea.
«Stefania Falasca – dice Pia Luciani – sta facendo
un lavoro eccelso che mette in evidenza la figura di mio zio. È un
lavoro complesso, scientifico. Io personalmente voglio che ci mettano un
anno in più e non che facciano le cose in fretta con aneddoti, fioretti
e testimonianze di gente che parla per sentito dire».
«Don Davide
Fiocco collabora materialmente con Stefania Falasca – continua Luciani –
ma non ha la sua visione complessiva. L'ultima volta che ho parlato con
lei non mi ha detto niente né in un senso né in un altro. Mi ha
semplicemente detto che stavano andando avanti con la seconda parte
della positio che dovrà dimostrare attraverso gli scritti le virtù umane
e teologali di mio zio. Poi si esamineranno i miracoli. La gente non
deve avere fretta».
È un po' anche il pensiero di don Giorgio
Lise. «Nel 2003 dicevo che sarebbero serviti 15 anni – sottolinea
l’attuale arcidiacono di Agordo – adesso dobbiamo aspettare la seconda
parte della positio che dicono arriverà a settembre, quindi occorrerà
che Luciani venga dichiarato venerabile e poi si passerà all'esame del
miracolo o dei miracoli».
E qui, però, anche monsignor Lise, che
parla a titolo personale, ha il sentore che qualche intoppo ci sia.
«L'anno scorso – dice infatti – erano usciti dei dubbi nella
commissione sul fatto che quello riguardante Giuseppe Denora fosse un
miracolo. Perché lo sia servono la gravità della situazione, la
guarigione improvvisa e inspiegabile. Lui aveva fatto un ciclo di
chemio, devono capire se questo ha inciso sull'inspiegabilità della
guarigione».
27 luglio 2014
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