sabato 28 settembre 2013

«Messa anticipata per avere tutti i parroci»

Canale, per la prima volta la funzione in ricordo della morte di papa Luciani cambia data



CANALE D'AGORDO. «Abbiamo voluto favorire la partecipazione dei preti locali e dei catechisti». Sia il parroco di Canale, don Mariano Baldovin, che il vicario foraneo, monsignor Giorgio Lise, spiegano così il motivo dell'anticipazione della messa per celebrare il 35° anniversario della morte di Papa Luciani da sabato 28 a venerdì 27. Una decisione “storica” che a Canale ha lasciato aperto qualche interrogativo, visto anche che sui volantini e le locandine delle manifestazioni diffusi in estate la messa era stata indicata per il 28, come da 35 anni a questa parte.
Chi viene da fuori provincia saprà che la messa è stata spostata di un giorno o arriverà il 28? «Ormai da tre anni», spiega don Mariano Baldovin, «in corrispondenza con la messa per l'anniversario della morte di Luciani (avvenuta il 28 settembre 1978, ndr) svolgiamo la riunione dei catechisti e dei sacerdoti di tutta la forania. Un momento significativo anche perché è bello vedere i catechisti riuniti attorno ad Albino Luciani, il catechista per eccellenza».
Il problema di quest'anno è che il 28 cade di sabato e che la messa fissata per le 18 si sovrapporrebbe a quelle prefestive celebrate nelle altre parrocchie. «Se l'avessimo lasciata di sabato», spiega don Baldovin, «non avremmo avuto i sacerdoti impegnati nelle altre messe e neanche i catechisti. Quelli che vengono da fuori? Di solito la chiesa è sempre piena, ma ci sono soprattutto persone locali, non è come alla messa in ricordo dell'elezione a pontefice».
Dello stesso avviso anche monsignor Giorgio Lise: «Di solito non c'è un grande afflusso di gente da fuori, noi volevamo favorire la partecipazione locale». La messa, dunque, si svolgerà venerdì alle 18 nella chiesa arcipretale di Canale d'Agordo, preceduta alle 17 dall'incontro per i catechisti. (g.san.)

25 settembre 2013

A 35 anni dalla morte di Papa Luciani

Benedetto XVI così ricordava Papa Luciani all'Angelus del 28-09-2008:



BENEDETTO XVI

ANGELUS

Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo
Domenica, 28 settembre 2008

Cari fratelli e sorelle!

Oggi la liturgia ci propone la parabola evangelica dei due figli inviati dal padre a lavorare nella sua vigna. Di questi, uno dice subito sì, ma poi non va; l’altro invece sul momento rifiuta, poi però, pentitosi, asseconda il desiderio paterno. Con questa parabola Gesù ribadisce la sua predilezione per i peccatori che si convertono, e ci insegna che ci vuole umiltà per accogliere il dono della salvezza. Anche san Paolo, nel brano della Lettera ai Filippesi che quest’oggi meditiamo, ci esorta all’umiltà. "Non fate nulla per rivalità o vanagloria - egli scrive -, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso" (Fil 2,3). Sono questi gli stessi sentimenti di Cristo, che, spogliatosi della gloria divina per amore nostro, si è fatto uomo e si è abbassato fino a morire crocifisso (cfr Fil 2,5-8). Il verbo utilizzato - ekenôsen - significa letteralmente che Egli "svuotò se stesso" e pone in chiara luce l’umiltà profonda e l’amore infinito di Gesù, il Servo umile per eccellenza.

Riflettendo su questi testi biblici, ho pensato subito a Papa Giovanni Paolo I, di cui proprio oggi ricorre il trentesimo anniversario della morte. Egli scelse come motto episcopale lo stesso di san Carlo Borromeo: Humilitas. Una sola parola che sintetizza l’essenziale della vita cristiana e indica l’indispensabile virtù di chi, nella Chiesa, è chiamato al servizio dell’autorità. In una delle quattro Udienze generali tenute durante il suo brevissimo pontificato disse tra l’altro, con quel tono familiare che lo contraddistingueva: "Mi limito a raccomandare una virtù, tanto cara al Signore: ha detto: imparate da me che sono mite e umile di cuore … Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili". E osservò: "Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra" (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 51-52). L’umiltà può essere considerata il suo testamento spirituale.

Grazie proprio a questa sua virtù, bastarono 33 giorni perché Papa Luciani entrasse nel cuore della gente. Nei discorsi usava esempi tratti da fatti di vita concreta, dai suoi ricordi di famiglia e dalla saggezza popolare. La sua semplicità era veicolo di un insegnamento solido e ricco, che, grazie al dono di una memoria eccezionale e di una vasta cultura, egli impreziosiva con numerose citazioni di scrittori ecclesiastici e profani. E’ stato così un impareggiabile catechista, sulle orme di san Pio X, suo conterraneo e predecessore prima sulla cattedra di san Marco e poi su quella di san Pietro. "Dobbiamo sentirci piccoli davanti a Dio", disse in quella medesima Udienza. E aggiunse: "Non mi vergogno di sentirmi come un bambino davanti alla mamma: si crede alla mamma, io credo al Signore, a quello che Egli mi ha rivelato" (ivi, p. 49). Queste parole mostrano tutto lo spessore della sua fede. Mentre ringraziamo Dio per averlo donato alla Chiesa e al mondo, facciamo tesoro del suo esempio, impegnandoci a coltivare la sua stessa umiltà, che lo rese capace di parlare a tutti, specialmente ai piccoli e ai cosiddetti lontani. Invochiamo per questo Maria Santissima, umile Serva del Signore.