domenica 5 ottobre 2014

La fede di Zambon «Io, guarito pregando papa Albino Luciani»

Il sindaco di Conegliano a Canale d’Agordo alle celebrazioni «Nei momenti duri io e i miei familiari ci siamo rivolti a lui»

di Francesco Dal Mas 
 
CONEGLIANO. La fede in papa Luciani ha dato una grossa mano a Floriano Zambon. Il sindaco di Conegliano lo crede, ma non lo ammette, tanto meno lo dice, per la prudenza che tutti gli riconoscono. Ogni anno, però, sale a Canale d’Agordo, il paese natale di Giovanni Paolo I, per rendergli omaggio con la preghiera e la testimonianza. Lo fa, in privato, il 26 agosto, il giorno anniversario dell’elezione a pontefice di colui che è stato vescovo di Vittorio Veneto per 10 anni, dal 1958 al 1968. Lo ha fatto anche quest’anno, insieme a numerosi pellegrini di Pieve di Soligo, che hanno accompagnato il parroco Giuseppe Nadal e il cardinale Beniamino Stella, che ha presieduto la solenne concelebrazione. E insieme ad altri fedeli di Farra, Conegliano, Vittorio Veneto, Sacile, Oderzo. Con Zambon anche Luigi Dorigo, un o amico, che al tempo della malattia lo ha convinto e accompagnato nel chiedere l’intercessione del “papa del sorriso”.
Zambon nel 2005 ha cominciato a guarire dal linfoma da cui era stato colpito nel 2004, con ricoveri prolungati prima a Castelfranco e poi a Verona. Nei primi 6 mesi di malattia i medici si era dimostrati tutt’altro che ottimisti. E molti coneglianesi, al termine di quel calvario, hanno parlato di “miracolo”. È una parola che Zambon non ha mai usato, per pudore. «È pur vero – ammette il sindaco – che ho pregato molto. E con me i famigliari, i parenti, tantissimi amici. Ed è anche vero che mi sono ripetutamente rivolto a Luciani, come al beato Tezza, perché intercedessero per la mia guarigione». Luciani, appunto. Zambon non lo ha conosciuto da vescovo, da patriarca di Venezia e da papa, sì. «L’ho sempre stimato ed apprezzato per la semplicità, anzi l’umiltà del tratto, e per la fermezza nei valori». Quando Luciani è salito al soglio pontificio, Zambon era ragazzo e per guadagnarsi i soldi per i libri scolastici faceva la stagione estiva al rifugio Pisciadù, sulle Dolomiti della Val Badia. «Ho ancora nella memoria quella fumata bianca, la sua prima benedizione dal balcone di San Pietro, il suo primo Angelus; ho registrato tutto. Anche in rifugio eravamo tutti eccitati per un papa di casa nostra. Ricordo la sua raccomandazione, al bambino che ha voluto accanto a sé ad un’udienza in sala Nervi, ad andare avanti con la scuola; è stato uno sprone anche per me, Con papa Luciani ho senz’altro un debito di riconoscenza».
Ed ecco il sindaco di Conegliano pellegrino a Canale d’Agordo; l’anno scorso aveva accompagnato gli amici del Piccolo Rifugio. Quest’anno si è fatto carico di un desiderio che vorrebbe mantenere segreto, ma per la caparbietà del cronista non ci riesce. «Spero vivamente che il processo di beatificazione possa procedere speditamente. Mi risulta che in ottobre verrà presentata alla congregazione per la causa dei santi la positio, cioè tutta la documentazione sulle virtù cristiane praticate eroicamente da Luciani. A seguire dovrebbe intervenire la commissione medica della stessa congregazione per l’accertamento del miracolo». Anche in questo caso una guarigione prodigiosa: da un linfoma che aveva colpito un pensionato pugliese.

30 agosto 2014
 











Morto nel sonno l’ex segretario di Luciani

Monsignor Taffarel è spirato come i “suoi” due vescovi, Albino e Cunial. È stato trovato dalla sorella suora. Aveva 77 anni




di Francesco Dal Mas 
 
TARZO. E’ morto, serenamente, nel sonno, come, 36 anni fa, il 28 settembre 1978, papa Luciani, di cui era stato segretario quand’era vescovo di Vittorio Veneto. E come mons. Antonio Cunial, di cui pure aveva retto la segretaria, deceduto a Lourdes il 10 agosto 1982. Mons. Francesco Taffarel, 77 anni, arciprete di Tarzo da 5, è stato trovato nella sua camera da letto ieri mattina, ormai senza vita, colpito da un infarto. «L’ho chiamato verso le 6,30, perché non si era ancora alzato – racconta la sorella Pasqua -. Non mi ha risposto, sono entrata e mi sembrava che dormisse profondamente. Ho cercato di svegliarlo, aveva il volto sereno. Ho subito realizzato che fosse morto, probabilmente da pochi minuti. Esattamente come era accaduto a Luciani e a Cunial. Eppure mio fratello non soffriva di disturbi». Pasqua ha chiamato il 118, ma all'arrivo dell'ambulanza per il parroco non c'era più nulla da fare. Coincidenze. Tante. La prima a trovare Giovanni Paolo I morto è stata la fedele suor Vincenza Taffarel. Si commuove, la sorella, ripercorrendo i corsi ed i ricorsi della storia del fratello e di chi ha servito. «Il Padre se l’è portato via all’improvviso, per fortuna senza soffrire». Nato a Sonego di Fregona il 3 dicembre 1936, don Francesco venne ordinato sacerdote a Serravalle il 29 giugno 1960. Tra i primi incarichi, quello di segretario dei vescovi Luciani e Cunial. Il sacerdote è stato in seguito parroco di Motta di Livenza, quindi a Tarzo. Dal 1999 era canonico onorario del Capitolo della Cattedrale. Il funerale verrà celebrato sabato 4 ottobre, giorno del suo onomastico, alle 10 dal vescovo Corrado Pizziolo nella chiesa di Tarzo. Solo una settimana, il 24 settembre, don Francesco aveva partecipato alle esequie del suo diretto dirimpettaio, don Angelo Lucchetta, parroco di Corbanese ed Arfanta. Domenica sera don Taffarel aveva preso parte alla solenne concelebrazione in cattedrale con il cardinale Beniamino Stella e col vescovo Pizziolo per l’anniversario della dedicazione dell’edificio di culto. Il sacerdote ha attraversato il duomo, in processione, con passo deciso, non palesava problemi fisici. Stella lo ha salutato con calore, nel comune ricordo appunto di Luciani. Dell’allora vescovo di Vittorio Veneto don Francesco è stato un cultore, oltre che segretario personale dal 1966 al 1970, quando lo stesso Luciani fu nominato patriarca di Venezia. Ne ha sempre coltivato la memoria viva, tra l’altro curando il volume “Papa Luciani. Un pensiero al giorno” (1990) e “Papa Luciani racconta. Esempi e aneddoti narrati da Giovanni Paolo I” (2005) in cui sono confluiti molti suoi ricordi personali. Ha raccontato recentemente: «Quando mi chiamò, nel 1967, Luciani mi disse: “Ho bisogno di te come segretario particolare, per qualche anno; poi ritornerai al servizio pastorale parrocchiale; non avrei piacere che ti abituassi a calpestare tappeti e corsie”». Come segretario don Francesco ricopiava a macchina gli scritti di Luciani, le lettere, gli interventi, sempre “tormentati” da molte correzioni. Don Francesco lo aiutava nella ricerca bibliografica, di documenti, di libri, accoglieva le persone che chiedevano di incontrare il vescovo. Gli faceva da autista e da cerimoniere nelle celebrazioni. "Luciani diceva: «Sono un montanaro, figlio di povera gente… a vivere in un castello mi sembra di essere "arlecchin finto principe”…», e infatti fece togliere lo stemma vescovile dall'ingresso. Sempre gentile e premuroso, ringraziava dei servizi, salutava ed augurava il buon giorno e la buona notte". Si alzava verso le 5 del mattino; era abituato a trovare un tazza di caffè. E don Francesco si affacciava all’alba. Ma succedeva che partendo presto per la visita pastorale, Luciani si alzasse per primo, preparava il caffè e a volte bussava alla porta della camera del segretario. «Era povero di denaro, che non teneva mai in tasca», ricordava ancora Taffarel. Nel 2003 il sacerdote trevigiano partecipò all’apertura del processo di beatificazione di Luciani a Belluno. Venne ascoltato anche come testimone e aspettava con trepidazione la consegna della “positio”, ossia la documentazione sulle virtù eroiche di Luciani, che avverrà nei prossimi giorni in Vaticano.

02 ottobre 2014